Figaro contro Figaro: da barbiere a cameriere. Un vero figlio di Caron.


Le nozze di FigaroIl primo maggio del 1786, al Burgtheater di Vienna, va in scena Le nozze di Figaro dell’ormai maturo enfant prodige Wolfgang Amadeus Mozart. L’opera trae la sua fonte dalla commedia di Beaumarchais Le mariage de Figaro ou La folle journée, rappresentata a Parigi appena tre anni prima della rivisitazione mozartiana. Trattare di questa grande commedia per musica – così come riportato sul frontespizio del libretto – apre molte disquisizioni e congetture di natura etica, sociale e altresì musicale. All’epoca della prima rappresentazione della commedia, nel 1783, l’imperatore Giuseppe II ne proibì la diffusione nei maggiori teatri del suo impero a causa delle sue indecenze e del suo intento meramente politico e sedizioso, tant’è che la sorella del sovrano, Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena – al tempo divenuta già regina consorte del mite re di Francia Luigi XVI – ne rimase poco entusiasta, invitando il fratello a ben guardarsi dalla diffusione dell’opera teatrale.

Come mai questa commedia spaventava così tanto i regnanti di mezza Europa? Le risposte sono da ricercare nella sferzante satira sociale del testo, dove lo scabroso argomento dello jus primae noctis – quel diritto di reminiscenza feudale, che accordava il privilegio al signore di giacere, la prima notte di nozze, con la sposa di un suo servo – mal si coniugava col fermento che le idee illuministiche del tempo fomentavano presso i letterati e i filosofi, e che da lì a pochi anni, da soffio innovatore sarebbero diventate la tempesta perfetta, quale preludio alla Rivoluzione francese. Eppure, tema ancor più scottante, già presente nell’altra commedia di Beaumarchais Il barbiere di Siviglia, è la presenza d’un borghese, d’un factotum come Figaro, che ordisce trame e comanda un illustre esponente della nobiltà, ovvero il Conte d’Almaviva. Se oggigiorno la commedia, o l’opera, fa scaturire in noi il sorriso e l’ilarità per le scene beffarde e per l’aria un po’ canzonatoria di Figaro, alla fine del XVIII secolo, questi argomenti erano considerati oltraggiosi, immorali e addirittura facinorosi, poiché potevano innestare comportamenti sovversivi e di ribellione. A ben vedere, pensieri ben fondati, vista la rapidità con la quale il vento del fermento rivoluzionario cominciava a spirare con sempre maggior foga. Si era all’alba di una nuova classe emergente in netta antitesti con la nobiltà: la borghesia.

Chi è Figaro? Non è altri che il fils de Caron, ossia il figlio di Caron, nome del letterato francese Beaumarchais, che modellò il nome del suo personaggio, contraendo ed adattando l’espressione francese fils (Fi) de (/) Caron (Garo), al fine di rivendicarne sempre la paternità. Tornando alla dimensione operistica, potremmo dire che le due opere maggiori che trattano di Figaro siano la succitata opera di Mozart e Il barbiere di Siviglia di Rossini – già musicata da Paisiello circa trent’anni prima del capolavoro rossiniano. Mettendola in termini cinematografici, potremmo azzardare affermando che l’opera di Mozart sia il sequel ante litteram del Barbiere di Siviglia, ch’è invece il prequel, malgrado sia stato composto anch’esso trent’anni dopo il capolavoro mozartiano. Nel Barbiere, Figaro è un uomo libero, factotum della città, che inviso a Don Bartolo ed eludendo l’inutile precauzione di questi al fine di impedire l’accesso al Conte d’Almaviva in casa per prendersi la sua pupilla Rosina, non incarna unicamente la figura del servitore scaltro, che la Commedia dell’arte aveva forgiato nella sua fucina itinerante, bensì rappresenta la persona che è. Non più una semplice maschera, non più un burattino dal carattere statico e dai comportamenti facilmente prevedibili, ma un uomo libero, che aiuta il Conte a conquistare la bella Rosina non per obbligo impostogli, ma per mera empatia, per sua volontà e anche per suo diletto.

Ne Le nozze di Figaro, la trama viene impinguata da una moltitudine di personaggi, che offuscano in parte lo spirito libero di Figaro, divenuto nel frattempo valletto dello stesso Conte, che aveva aiutato nell’impresa di conquidere la docile Rosina. Da uomo libero a servitore, il destino di Figaro sembra aver preso una strada a ritroso, ma non è del tutto vero, poiché anche nell’opera mozartiana gli intrighi ed i sotterfugi non mancano. L’asse di interesse, tuttavia, si sposta sullo sviluppo psicologico dei personaggi, che a differenza del Barbiere, acquisiscono nel capolavoro del compositore salisburghese uno spessore di rilievo. Figaro si presta a prender come moglie Susanna, la cameriera di Rosina, quest’ultima divenuta Contessa d’Almaviva. Il personaggio di Rosina ha poche affinità con l’opera rossiniana, nella quale viene tratteggiato un personaggio sì caro e docile, ma alla bisogna anche arguto e dispettoso. Io sono docile, son rispettosa, sono obbediente, dolce, amorosa, mi lascio reggere, mi fo’ guidar. Ma se mi toccano dov’è il mio debole, sarò una vipera e cento trappole prima di cedere farò giocar – cantava la Rosina di Rossini. La Rosina di Mozart è una donna matura, che ha acquisito il senso del dovere, ma che al contempo langue e si rattrista perché il Conte la trascura e la tradisce a più riprese con servette e contadine. Dove sono i bei momenti di dolcezza e di piacer, dove andaro i giuramenti di quel labbro menzogner? – così sospirando, canta la Rosina di Mozart, rimembrando l’amore che nutriva per lei un tempo il Conte, quando, con l’ausilio di Figaro, era riuscito ad intrufolarsi nella casa del suo tutore per unirsi a lei in un agape amoroso. Il personaggio della Contessa è uno dei più riusciti personaggi mozartiani, in questo senso, pur prendendo la libertà di mettere in paragone due opere diversissime, scritte in due momenti storico-musicali diversi e da due compositori differenti.

Non si parla d’altro che di Figaro. Non si suona, non si canta o fischia nient’altro che Figaro. Nessuna opera attira il pubblico come Figaro. Nient’altro, nient’altro che Figaro.

Con queste parole, non senza nascondere una certa vena di presunzione, Mozart scriveva così, in una lettera, della sua opera ad un suo allievo, dopo il clamoroso successo delle Nozze di Figaro a Praga, a seguito del trionfo viennese. Mozart, ben conscio del fragore suscitato in merito alle polemiche sul soggetto “indecente” di Figaro, era riuscito a piacere al gran pubblico semplicemente eliminando dalla sua opera la satira politica, di cui nutriva scarsissimo interesse, mettendo in secondo piano il tema dello jus primae noctis, ed elaborando, piuttosto, la trama generale, delineando la psicologia dei personaggi, intrecciando le varie storie in maniera magistrale, il tutto condito dai meravigliosi versi di Lorenzo Da Ponte. Probabilmente, in tutta la storia della musica lirica, il connubio fra Mozart e Da Ponte è stato, senza alcun dubbio, il più riuscito legame professionale di tutti i tempi. Di solito, i compositori, sino al tardo XIX secolo, musicavano testi di poeti e/o di letterati, coi quali intessevano un intenso carteggio, con la speranza di riuscire a coniugare la musica con le parole. Tra le collaborazioni più riuscite, si ricordano quelle fra Vincenzo Bellini e Felice Romani, quella fra Giuseppe Verdi e Francesco Maria Piave e, ovviamente, quella fra Mozart e il libertino Da Ponte, col quale il compositore austriaco collaborò in futuro per altre due opere: Don GiovanniCosì fan tutte. Con l’avvento dell’opera wagneriana, la situazione mutò, poiché il compositore tedesco cominciò a scrivere di suo pugno i libretti delle opere. Da questo momento in poi, molti altri compositori scrissero per sé i libretti dei propri lavori, come ad esempio Ruggero Leoncavallo, autore de I pagliacci.

Nella trama dell’opera, molto complessa e articolata nel suo seppur convenzionale svolgimento, vengono presentati personaggi assai interessanti, primo fra tutti è Cherubino, il paggio adolescente, innamorato della bella Contessa e infiammato dalla frenesia puberale, che lo porta ad innamorarsi di ogni donna, comportamento che lo turba allegramente : Non so più cosa son, cosa faccio, or di fuoco, ora sono di ghiaccio, ogni donna cangiar di colore, ogni donna mi fa palpitar. Cherubino, alias Mozart sotto mentite spoglie, incarna un ragazzino alle prese con i suoi primi amori adolescenziali, con le sue prime infatuazioni, non riuscendo a contenere l’istinto sessuale che lo sviluppo ormonale gli conferisce: Sospiro e gemo senza voler, palpito e tremo senza saper, non trovo pace notte né dì, ma pur mi piace languir così. Il personaggio di Cherubino è così simile a Mozart e così interessante sotto il profilo umano, che Jules Massenet, nel 1905, riprenderà nell’omonima opera Chérubin una versione più leggera del personaggio di Beaumarchais, evidenziandone, ancora una volta, il suo carattere spensierato, giulivo e concupiscente. Così come il Conte d’Almaviva, il quale, fingendo di aver abolito un diritto che oltraggia e che offende, vorrebbe giacere con Susanna, di cui si è invaghito. In questo contesto, sia il Conte sia Cherubino possono essere, a giusta causa, entrambi dei farfalloni amorosi, sebbene il Conte non si mostri ligio agli obblighi e alla fedeltà coniugali, mentre Cherubino non è altri che un ragazzo in piena pubertà, che sta abbandonando la sua fanciullezza a scapito di altri desideri, che seguendo l’esempio del Conte, verranno costantemente alimentati.

Le nozze di Figaro è un’opera così complessa e così ricca di personaggi, che diventa difficile riuscire a catalogarli e a descriverli tutti, tanto l’eterogeneità corale dell’opera riesca ad offrire allo spettatore un microcosmo di mirabile umana fattura. Momenti interessanti dell’intero intreccio sono la scoperta da parte di Don Bartolo e  della governante Marcellina di essere i genitori di Figaro, appena un momento prima che la stessa Marcellina, a causa di un sotterfugio ben architettato, prenda come suo sposo il figlio! Ed ecco così per Figaro che il tanto odiato Don Bartolo, tutore di Rosina nel Barbiere, si ritrova ad essere suo padre, ribaltando completamente le sorti della vicenda. Dopo una serie infinita di travestimenti, di inganni e di beffe, il tanto sospirato lieto fine non si fa mancare. Con tutte le coppie così ricongiunte: Figaro e Susanna, il Conte e la Contessa, Don Bartolo e Marcellina, e così per Cherubino, che dopo mille spasimi d’amore, troverà in Barbarina, figlia del giardiniere Antonio, la sua meritata conquista, l’opera, e l’articolo, si concludono con la fine dei capricci e delle follie, col perdono reciproco, che solo amor può terminar, ed al suon di lieta marcia, corriam tutti a festeggiar!

Sergio Piscopo

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